Giovedì, 29 Marzo 2012 11:56

Le sacrosante ragioni dell’ambiente, della salute e del lavoro devono coesistere: indispensabile l’unità di intenti tra ambientalisti e lavoratori

L’operato della magistratura ha nuovamente imposto uno scossone alla questione

ambientale a Taranto, come già avvenuto in passato con il sequestro delle quattro

batterie della cokeria e dei parchi minerari dell’Ilva.

L’attesa per l’udienza conclusiva dell’incidente probatorio che si terrà il 30 marzo sta

però scatenando contrapposti integralismi del tutto fuorvianti.

Demagogia e toni esasperati di una parte di coloro che scendono in piazza “contro”

l’Ilva sono speculari alle manifestazioni dei quadri aziendali direttamente ispirate

dall’azienda: entrambe le posizioni di fatto potrebbero paradossalmente determinare

il medesimo effetto, ovvero il mancato investimento di risorse da parte dell’Ilva

per il risanamento ambientale dei propri impianti .

La questione sociale e la questione ambientale sono invece tra loro strettamente

interconnesse e non possono essere affrontate in maniera disgiunta

. Un

abbattimento dell’inquinamento di origine industriale e lo sviluppo di forme di

economia ecosostenibile nel nostro territorio possono imporsi solo con il raccordo tra

fabbrica e territorio: Legambiente è da tempo impegnata a favorire questo raccordo.

Da soli non si va da nessuna parte.

Senza dubbio il ricatto occupazionale e - non va sottovalutato – il paventato

cambiamento dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori possono condizionarne

pesantemente l’azione, sottomettendoli alla volontà aziendale e determinando

maggiori livelli di sfruttamento sia dei lavoratori stessi che degli impianti (il che,

inevitabilmente, produrrebbe più inquinamento e maggior rischio di infortuni).

Con la riapertura dell’AIA e per effetto dell’operato della magistratura è però

possibile imporre all’ILVA, se si sarà uniti, prescrizioni molto più severe di

quelle contenute nel provvedimento emanato pochi mesi fa dalla filo-aziendale

ministro Prestigiacomo

.

Noi pensiamo che le osservazioni all’AIA redatte da Legambiente possano essere

la base per un’unità d’azione

tra ambientalisti e lavoratori che vogliono cambiare la

fabbrica, abbatterne i livelli di inquinamento e di insalubrità ed allo stesso tempo

ripensare il modello di sviluppo preesistente

.

Un percorso, quest’ultimo, tutto da costruire, senza inseguire improbabili

paradisi e tenendo conto di una cornice fatta sia di gravi danni all’ambiente e alla

salute, sia di profonda crisi economica (120 mila disoccupati nella sola provincia

jonica).

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