Nei giorni scorsi due fatti hanno segnato un importante passo in avanti rispetto alla ormai "storica" richiesta di Legambiente di un risarcimento per i cittadini del quartiere Tamburi di Taranto le cui case - e le cui vite! - sono state danneggiate, negli anni, dalle polveri provenienti dal vicino stabilimento siderurgico.
Ci riferiamo da un lato alla sentenza della Cassazione che ha reso definitivo il diritto ad un risarcimento per chi ha intentato causa all'azienda e, dall'altro, all'approvazione in commissione Bilancio della Camera dell'emendamento presentato dal deputato Ubaldo Pagano, che istituisce un fondo destinato proprio a tale scopo.
Come associazione ne siamo contenti e ci auguriamo che il percorso parlamentare porti speditamente all'approvazione definitiva di questo Fondo, ma proviamo anche una grande amarezza per il tanto tempo trascorso dal gennaio del 2017, quando Legambiente presentava le sue Osservazioni proprio alla Commissione Bilancio della Camera dei Deputati per richiedere modifiche del D.L. 243/2016 che dessero risposta alle richieste di risarcimento dei cittadini di Taranto e in particolare degli abitanti del quartiere Tamburi.
Già in quella sede ponevamo, accanto al tema del risarcimento dei singoli cittadini, l'esigenza che il risarcimento per la città di Taranto, essenzialmente costituito dalla bonifica dei suoi mari e del suo territorio (su cui hanno insistito ed insistono tuttora altre attività fortemente impattanti sotto il profilo ambientale, a partire dalla raffineria dell'Eni, dall'Arsenale e dalla base navale della Marina Militare, riconducibili anche alla responsabilità dello Stato italiano) fosse una questione prioritaria su cui impegnare risorse adeguate.
Oggi, a distanza di 4 anni e mezzo passati quasi invano, la priorità è l'utilizzo dei fondi disponibili, a partire dalle decine di milioni di euro da anni assegnate al Commissario Straordinario per la bonifica di Taranto e non ancora utilizzate e dalle centinaia di milioni di euro rivenienti dalla famiglia Riva e nelle disponibilità dei Commissari di Ilva in a.s. di cui cittadini di Taranto non hanno notizie.
Il Mar Piccolo attende interventi concreti da 17 anni, dal gennaio 2004, Altero Mattioli allora Ministro dell'Ambiente; i veleni che impregnano i suoi fondali sono ancora tutti lì, in attesa di una bonifica che non arriva mai.
Ai Ministri Carfagna e Cingolati abbiamo posto l'esigenza di passare finalmente dagli studi e dalle analisi ai lofatti, utilizzando le risorse già stanziate, ed altre cui si potrebbe attingere attraverso l'utilizzo dei fondi europei del Just Transition Fund, per avviare la bonifica delle aree destinate alla mitilicultura e di quelle in cui sono già previsti importanti interventi territoriali.
Ai Commissari straordinari di Ilva in a.s. chiediamo di accelerare e di rapportarsi con il territorio, con i cittadini, rendicontando quello che è stato fatto finora, gli interventi programmati, i loro tempi ed esiti attesi, le risorse spese, impegnate o ancora in attesa di una destinazione.
Avviare finalmente i cantieri della bonifica è un dovere dello Stato italiano verso una città ferita, un risarcimento dovuto. Come quello verso i singoli cittadini del quartiere Tamburi.
Sabato, 10 Luglio 2021 09:15
Bonificare i mari ed i suoli di Taranto: così lo Stato deve risarcire una città ferita
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Il Territorio e il Mare
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