Martedì, 15 Luglio 2025 15:28

Ex Ilva, Piano Governo non guarda al futuro: nessun impegno su idrogeno verde e fonti rinnovabili.

Decarbonizzazione ex Ilva: serve un solo impianto DRI per produrre 6 milioni di tonnellate annue di acciaio.
Piano del Governo non guarda al futuro: nessun impegno su idrogeno verde e fonti rinnovabili. ex Ilva: 

Le scelte industriali recenti mostrano che i forni elettrici ad arco EAF ideali per una produzione sostenibile di acciaio dovranno essere alimentati da una miscela di preridotto (DRI) e rottame, e non per il 100% da DRI, come potrebbe trasparire dalla ipotesi di installare a Taranto tre impianti DRI a servizio di 3 forni elettrici EAF ed addirittura un quarto, a servizio di un altro forno elettrico da costruire a Genova. Nella miscela di preridotto e rottame, la percentuale di DRI potrà essere al massimo del 50%, ma la scelta che oggi viene ritenuta più efficiente è quella composta dal 30% di DRI e dal 70% di rottame.

Per la produzione di 6 milioni di tonnellate annue di acciaio ipotizzata per lo stabilimento siderurguco tarantino un unico impianto DRI, destinato a produrre 2,5 milioni di tonnellate di preridotto, sarebbe quindi ampiamente sufficiente: se ne deduce che tutti gli altri impianti ipotizzati non sarebbero a servizio della ex Ilva di Taranto.

Anche se consideriamo la quantità di preridotto che servirebbe ad alimentare un forno elettrico da realizzare a Genova, l'ipotesi di costruire a Taranto 4 impianti per il DRI appare assolutamente sovradimensionata. Quattro impianti corrispondono ad una produzione di circa 10 milioni di tonnellate annue di preridotto, ma anche nell'ipotesi mediana di alimentazione dei forni elettrici con il 40% di preridotto ed il 60% di rottame, si arriverebbe ad una necessità massima di 3,2 milioni di tonnellate di DRI per produrre 8 milioni di tonnellate annue di acciaio.

A che servono quindi 4 impianti DRI, di cui peraltro solo uno attualmente finanziato con i Fondi di Sviluppo e Coesione? Forse a rifornire, in un lontano futuro, gli altri impianti siderurgici italiani, tutti localizzati fuori dal Mezzogiorno d'Italia. Certo non si tratta di impianti funzionali solo a decarbonizzzare l'ex Ilva di Taranto.

Intanto vengono utilizzati per giustificare la scelta di importare ulteriori enormi quantità di gas e, quindi, la richiesta di far arrivare a Taranto una nave rigassificatrice. Ma per produrre 6 milioni di tonnellate di acciaio con tre forni elettrici e far funzionare uno o due impianti DRI da 2,5 milioni di tonnellate di preridotto non c'è bisogno di una nave rigassificatrice, ma solo di far arrivare a Taranto il gas che in Puglia arriva gia' in quantità più che sufficienti al fabbisogno preventivabile.

Solo qualche giorno fa è stata resa nota l'approvazione del progetto che prevede la realizzazione a Taranto e Brindisi di due impianti per la produzione di circa 250 milioni di metri cubi di idrogeno verde all'anno con un finanziamento Ipcei di 370 milioni di euro. Tra pochi anni quindi comincerà ad essere disponibile l'idrogeno necessario per cominciare a produrre acciaio davvero green, riducendo prima ed annullando poi l'utilizzo del gas. Nel frattempo, come abbiamo già dimostrato, la produzione nazionale di biometano prevista per i prossimi anni sarà in grado di rendere disponibili le ulteriori quantità di gas che fossero necessarie per alimentare, in una fase transitoria, gli ulteriori impianti DRI a servizio delle altre Acciaierie italiane.

Nel piano presentato dal Governo non si fa pero' alcun cenno ne' all'uso di idrogeno verde ne' all'uso di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, mentre è prevista la costruzione di una nuova centrale elettrica alimentata a gas. Ciò rende evidente che non si punta al gas come fonte solo di transizione e che quindi non si possa parlare di vera decarbonizzazione dello stabilimento di Taranto. Il ricorso esclusivo al gas tra l'altro non garantisce l'indipendenza nell'approvvigionamento energetico che solo le fonti rinnovabili possono dare e viceversa esporrebbe lo stabilimento alle fluttuazioni dei prezzi del gas e delle condizioni geopolitiche dei paesi fornitori, come la vicenda del gas russo dimostra.

Un piano senza alcun impegno per l'utilizzo dell'idrogeno verde e delle fonti energetiche rinnovabili. Un piano miope e che non guarda al futuro.

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